Celebriamo le feste senza sapere più perché. Nell’affanno dei regali da comprare, dell’organizzazione dei viaggi, dei pranzi e delle cene da preparare. Chissà quanti di noi, gustando la cuccìa, assaporando un buccellato, una sfincia di San Giuseppe o un frutto di pasta reale si ricordino più perché quei “cibi dei santi” sono nati. E come attraverso i secoli siano arrivati fino a noi. Ogni preparazione racconta eventi, vicende e riti che affondano nel nostro passato più antico e ci raccontano di bisogni e spiritualità che sarebbe meglio oggi non dimenticare.
Natale in Sicilia è legato al buonissimo buccellato, biscotto farcito di fichi secchi, emblema di opulenza e di sapori festivi, arricchito di pistacchi o canditi, profumato di miele e spezie dolci mediorientali. L’etimologia è incerta, probabilmente l’analogia della forma ricurva con uno strumento a fiato utilizzato negli accampamenti militari ci riporta alla “buccina”, il cui suono scandiva il cambio delle sentinelle. L’unicità del buccellato siciliano sta nella complessità del gusto e nella cura delle fasi di preparazione: i fichi essiccati al sole durante il periodo estivo, vengono raccolti nelle ore più fresche del primo mattino e disposti con precisione infilzandoli con spiedini di canna di bambù, così da poter essere manipolati con facilità. Ogni famiglia ha la sua ricetta tramandata da generazioni ma ciascuna perpetua la sacralità dei profumi del Natale siciliano. Gli ingredienti classici, oltre ai fichi secchi sono la frutta a guscio, che dona aromi e croccantezza al ripieno, noci, mandorle e nocciole tostate e le spezie dolci, in particolare chiodi di garofano e cannella. La frolla si ottiene tradizionalmente dalla farina siciliana di grano tenero sabbiata con lo strutto, profumata dal Marsala e leggermente zuccherata. Una ricetta antichissima, con una lunga preparazione che riunisce le donne di tutte le generazioni, un centrotavola natalizio trionfale e barocco.
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