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IL GENIO DI PALERMO

18Ott

« Panormus conca aurea suos devorat alienos nutrit »

« Palermo conca d’oro divora i suoi e nutre gli stranieri »

Così recita l’iscrizione posta ai piedi della scultura raffigurante il Genio di Palermo, misterioso nume pagano tutelare della città, probabilmente risalente all’epoca pre-romana, che occupa lo scalone di ingresso di Palazzo delle Aquile a Palermo. L’espressione lascerebbe supporre una eventuale discendenza del Genio da Kronos o Saturno,  divinità del tempo e dell’agricoltura, divoratore dei propri figli e simbolo di pienezza e abbondanza.

Ma quello di Palazzo Pretorio non è l’unico esempio esistente: ne esistono infatti ben 7 sparsi per la città. Tra questi, quello di piazza del Garraffo, alla Vucciria, detto anche in siciliano Palermu lu granni (Palermo il Grande), in contrapposizione al  primo, “u nicu” (il piccolo).

Dal greco “ghenos”, nascita e dal latino “genius”, generatore di vita, è quasi sempre raffigurato come un vecchio venerabile con la barba seduto in trono ed incoronato, accompagnato da un serpente nell’atto di morderlo o di succhiargli il petto, alle volte sormontato da un’aquila o con ai piedi un cane o, ancora, con in mano lo scettro. La simbologia del serpente può assumere diversi significati: essendo  associato alla terra e all’acqua diviene simbolo di fertilità, rinascita e rinnovamento ma anche simbolo di prudenza e di conoscenza per la sua natura oscura e nascosta.

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