Le origini della bandiera siciliana risalgono al XIII secolo, ma i suoi simboli sono di età ancora più antica. E’ rappresentata infatti da una “triscele” – meglio conosciuta come “trinacria” – ed un “gorgoneion“. La trinacria, (comparsa per la prima volta in alcune monete usate a Siracusa nel III secolo a.C.) le cui origini sarebbero “indoari”, raffigura un essere con tre gambe, mentre il gorgoneion, il volto posto al centro della bandiera, è chiaramente di stampo greco: questo simbolo rappresenta la testa di un mostro mitologico, la Gorgone, spesso identificata con il volto di Medusa, con i serpenti al posto dei capelli e con il potere di pietrificare con lo sguardo chi la guardava. Con l’arrivo dei Romani furono aggiunte alla testa delle spighe, simbolo di fertilità. Le tre gambe poi indicherebbero la conformazione geografica dell’isola con i suoi tre promontori – Capo Lilibeo, Capo Peloro e Capo Passero.
La bandiera compare per la prima volta durante la “Rivoluzione del Vespro” nel 1282, ma con una sostanziale differenza rispetto a quella odierna: i due colori della bandiera – giallo e rosso – erano invertiti, subendo diverse modifiche nel corso dei secoli. Solo nel 2000 quando fu riconosciuta come bandiera ufficiale della Regione Siciliana, la trinacria apparve su sfondo giallo e rosso. Il giallo, colore dell’oro, potrebbe indicare il grano di Sicilia o la luce del sole che splende sull’isola. Il rosso simboleggia il sangue versato dai siciliani con le guerre del Vespro.
Dopo la morte di Corrado, la caduta di Manfredi a Benevento e la decapitazione a Napoli dell’ultimo pretendente svevo Corradino, la Sicilia era finita definitivamente in mano a Carlo I d’Angiò. La Trinacria, che era per tradizione una roccaforte sveva, aveva resistito ancora qualche anno dopo la scomparsa di Corradino, diventando oggetto delle rappresaglie angioine.
Il 31 marzo 1282 il popolo è riunito nella Chiesa del Santo Spirito per celebrare la funzione del Vespro. Un soldato dell’esercito francese oltraggia una giovane nobildonna mettendole le mani addosso con il pretesto di doverla perquisire. In sua difesa riesce ad intervenire tempestivamente il consorte che, sottraendo la spada al soldato, riesce ad ucciderlo. Da quel momento ha inizio la rivolta, passata alla storia con il nome di Vespri Siciliani, una vera e propria “caccia ai francesi” che dilagò in breve tempo in tutta l’isola, trasformandosi in una vera e propria carneficina.
Qualche giorno dopo i rappresentanti della confederazione di Palermo e Corleone, le prime città a ribellarsi alla dominazione angioina, adottarono questa bandiera: Palermo ci mise il rosso e Corleone il giallo. Da lì la nascita cromatica della bandiera con la scritta “Antudo!”, parola d’ordine usata dai rivoltosi in chiave anti-francese e derivata dall’acronimo del motto latino Animus Tuus Dominus (“il coraggio è il tuo signore”).
Si racconta che i siciliani, per individuare i francesi che si camuffavano fra i popolani, facessero ricorso ad uno stratagemma linguistico, mostrando loro dei ceci («cìciri», in dialetto siciliano) e chiedendo di pronunziarne il nome: quelli che venivano traditi dalla loro pronuncia francese (sciscirì), venivano immediatamente uccisi.
La ribellione si concluse in modo definitivo con il trattato di Avignone del 1372, che decretò il distacco tra Regno di Napoli e Regno di Sicilia, cui seguirà la riunificazione nel 1816 sotto il totale controllo borbonico, con Ferdinando I del Regno delle Due Sicilie.
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